Scandone: applausi playoff, ma tanti nuovi rimpianti

Nella serie con la corazzata Milano la dimostrazione di quello che poteva essere e non è stato

Avellino.  

Duecento minuti di lotta sul parquet con Gara 1 e Gara 3 da sorrisi infiniti e da vantaggi nella serie, ma l'Olimpia Milano si salva in extremis con le clamorose prove al tiro, con l'ex James Nunnally e con buone letture tra attacco e difesa negli ultimi due atti condannando la Scandone all'uscita di scena dai playoff tra gli applausi del pubblico irpino, presente in massa al Mediolanum Forum, per quello che si è trasformato nel saluto al roster allenato da coach Massimo Maffezzoli

Cala il sipario sulla stagione della Sidigas Avellino. In cinque gare la chiara rappresentazione di quello che poteva essere e non è stato, ancora una volta. Nell'epilogo della regular season, è nata l'occasione del riscatto per la squadra irpina che dice addio al campionato con la consapevolezza di aver dato tutto trascinando la prima della classe alla "bella", valida per l'accesso alla semifinale, ma le ultime cinque gare disputate chiariscono il valore dei singoli e tutto quello che non è stato centrato da una squadra che, ha scoperto troppo tardi, di esserlo un gruppo vero.

Nei playoff, paradossalmente, è volato via anche l'alibi degli infortuni. La sfortuna si è accanita fino all'ultimo sul team biancoverde, ma d'insieme - nella post-season - i ragazzi di Maffezzoli hanno trovato la forza per mettere da parte, in modo clamoroso, tutti i piccoli e i grandi acciacchi per credere nel grande obiettivo di piazzare lo sgambetto ai campioni d'Italia, sfiorato in particolar modo in Gara 4, nel terzo periodo di gioco. 

Poteva e doveva essere una stagione diversa in casa Scandone. Uscita troppo presto in Champions League, eliminata in modo balordo dalla Coppa Italia, trascinata forse fin troppo nella gestione di coach Nenad Vucinic, la Sidigas si è "salvata" al 40' dell'ultimo atto di stagione regolare riproponendosi poi ad alti livelli nei playoff, vissuti da ottavi, posizione non consona rispetto alla qualità indubbia del roster allestito dal direttore sportivo, Nicola Alberani. A Maffezzoli, divenuto head coach dopo i mesi di assistant del tecnico serbo-neozelandese e ora lanciato verso la riconferma, va riconosciuto il merito di aver tirato fuori tutte le energie possibili fisiche e mentali da tutti gli elementi a disposizione. L'esempio era e resta Patric Young. Alla vigilia di Gara 5, solo con il tutore al Forum, ieri era sul parquet a lottare con i compagni di squadra nella speranza di siglare l'accesso alla semifinale Scudetto. 

Alle note positive - garantite anche dal super-jolly Keifer Sykes e dagli stranieri di gran livello firmati da Avellino (Nichols, Udanoh, Silins, Harper, Costello, Green, Young) -  si aggiungono, però, anche quelle dolenti. Su tutte, l'inconsistenza del pacchetto italiani lungo i mesi. Il solo Luca Campogrande si salva pienamente: eccellente per impatto, voglia e tecnica. L'esterno capitolino, classe '96, è la bella scoperta della Sidigas ed è anche il punto di ripartenza per il club. Il vero Ariel Filloy si è visto solo a sprazzi. Passo dopo passo, Lorenzo D'Ercole ha raggiunto Luca Campani e Stefano Spizzichini nella lista dei "non entrati" in diversi match stagionali.

L'analisi del comparto italiani, ma anche in cosa Avellino può migliorare, sul fronte infortuni. Non v'è dubbio che la malasorte si sia messa a giocare fin troppo con la Scandone, ma sui tempi di recupero la società avellinese può intervenire. Il caso di Campogrande, fuori per i primi due mesi della stagione tra tanti dubbi e poi curato a Forlì in un centro che lo ha rimesso in sesto in poco tempo, è la prova di un nuovo discorso che può nascere all'interno dello staff, sempre con lo spirito costruttivo. Avellino deve essere fiera di quanto scritto nei playoff, ma potrà garantirsi nuovi step di crescita per eliminare i rimpianti che spesso emergono nei finali di stagione nell'ambiente irpino ed evitare la costante rincorsa.