Miwa Benevento, Rusciano: "Da Avellino racconto distorto e accuse infondate"

La nota del direttore del club sannita dopo le polemiche post derby

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Benevento.  

Il derby tra Miwa Energia Cestistica Benevento e Scandone Avellino, disputato sabato scorso al PalaMiwa, avrebbe dovuto essere una festa per il basket campano. Ma, a distanza di giorni, sono le polemiche post-gara a dominare la scena, alimentate da dichiarazioni che stanno spostando l’attenzione dal parquet alle prime pagine dei quotidiani, social e stampa on line.Tutto è esploso dopo il comunicato della Scandone, in cui alcuni dirigenti irpini hanno parlato di presunte “aggressioni” e “violenza subita” da parte dell’ambiente beneventano. Una ricostruzione che la Cestistica Benevento ha respinto al mittente, definendola eccessiva, non corrispondente alla realtà e soprattutto lontana da quanto registrato da arbitri, ufficiali di campo e forze dell’ordine presenti. La società sannita, in una lunga nota, ha riportato l’attenzione sul contesto effettivo: nessun ferito, nessuna criticità, nessun intervento straordinario del personale di sicurezza. “Il finale è stato teso,” si legge, “ma la tensione è stata reciproca”. A ritornare sulla questione, con precisazioni importanti e circostanziate, è il direttore sportivo della Miwa, Luciano Rusciano, che denuncia apertamente una “ricostruzione mediatica distorta”.

Il dirigente dei sanniti ed ex giocatore si dice amareggiato, prima ancora che infastidito, dal quadro dipinto da Avellino. Le sue parole sono un vero e proprio atto d’accusa verso ciò che definisce un attacco mediatico costruito a tavolino: «L’unica cosa realmente violenta accaduta al PalaMiwa – afferma – è stata la violenza mediatica messa in campo dalla Scandone. Un attacco scorretto, eccessivo e strumentalizzato. Noi siamo una società che lavora da sempre sui valori, con un codice etico importante. Questo può essere testimoniato da tutte le squadre che abbiamo ospitato: rapporti limpidi, terzi tempi conviviali, rispetto reciproco prima e dopo il fischio finale». Rusciano rivendica anche il lavoro personale svolto in anni di relazioni istituzionali nel mondo del basket campano: «Coltivo rapporti leali con tutte le società, non esiste un solo episodio che macchi questo percorso. Il nostro modo di intendere il basket è noto e riconosciuto ovunque». Ma il passaggio più rilevante è quello in cui il dirigente annuncia apertamente che la Miwa dispone di materiale video completo degli istanti contestati: «Siamo in possesso di immagini chiare, che ricostruiscono ogni secondo del finale di gara. E da quei video – dichiara – risulta evidente che ciò che è stato raccontato da Iannicelli non corrisponde ai fatti. Non esiste nessun calcio al petto al vice coach, nessuna aggressione grave. Le immagini mostrano invece una serie di provocazioni e gesti di aggressività che arrivano proprio da alcuni tesserati irpini. In primis al fischio finale, quando un dirigente ospite si avvicina al nostro capitano Murolo - che aveva festeggiando la vittoria lanciando la palla in aria – e lo colpisce con uno schiaffo dietro la testa e un tesserato lo spinge con violenza nella nostra metà campo. Sono stato io personalmente ad intervenire per calmare quel dirigente e il vice coach Iannicelli che minacciava di ‘gonfiarci’ come palloni, con gesti eloquenti delle mani, dopo aver sferrato anche uno schiaffo ad un altro tesserato».

Rusciano sottolinea anche che il clima sugli spalti fosse ben lontano dal clima teso poi dipinto: «All’intervallo le parti erano tutte insieme al bar del palazzetto, a parlare e a ridere. I tifosi avellinesi hanno tifato come è normale che sia, anche a voce alta e con sfottò. E nessuno ha mai impedito loro nulla». Le immagini in possesso della società sannita – che, secondo quanto riferito, riprenderebbero integralmente il post-partita – potrebbero essere decisive per chiarire definitivamente la dinamica. Ma la Miwa, almeno per ora, frena: «Non vogliamo arrivare al punto di dover pubblicare i video – afferma Rusciano –. Non è nello stile della nostra società trasformare un palazzetto in un tribunale mediatico. Ma non possiamo permettere che un racconto falso metta in discussione il nostro lavoro e la nostra credibilità». Il direttore invita quindi la Scandone a un passo indietro e a un’assunzione di responsabilità: «C’è stata tensione da entrambe le parti, lo riconosco. Ma certe affermazioni vanno ritirate. Serve tornare al basket giocato, al rispetto autentico, non a quello di facciata o costruito per creare clamore. Questo è ciò che insegniamo ai giovani». Al di là delle versioni contrapposte, la vicenda offre un messaggio chiaro: il basket non può essere sacrificato sull’altare delle narrazioni esasperate. Le società, soprattutto quelle che lavorano con centinaia di giovani, hanno una responsabilità che va oltre il risultato di una partita. Le parole, più dei contatti in campo, possono creare fratture dure da ricomporre. Il derby resta un patrimonio sportivo della Campania. Ma perché continui a esserlo, serve che le due società scelgano la strada più difficile: quella della verità, della misura e del rispetto reciproco. È questo il vero campo dove si gioca la partita decisiva.