Superpippo, il Campione semplice di tutti i giorni

Le storie meno raccontate dell'allenatore giallorosso Inzaghi

Benevento.  

Bè, certo non c'era bisogno di un'intervista su Sportweek per capire quanto fosse grande il personaggio di Pippo Inzaghi. Comunque bella, suggestiva, accattivante, da leggere tutta d'un fiato. Perchè la storia di Superpippo sembra una fiaba e non ti stancheresti mai di ascoltarlo. Come quando ti racconta della vigilia di Milan-Liverpool, la finale di Champion's che non avrebbe dovuto giocare. “Mi trascinavo un problema muscolare, pensavo proprio di non farcela. A cena, Ancelotti passa dietro di me e mi sussurra all'orecchio: “Domani giochi tu”. Mi sono caricato e sono andato in campo con tutta la mia forza d'animo. Poi sapete come è andata”. Pippo è questo, insieme a tanti dettagli di vita quotidiana, che ne fanno un ragazzo schietto e disponibile. Come quella volta a Pinzolo. Arriviamo con la troupe di Ottochannel carichi di bagagli, telecamere, treppiedi e cavalletti. La stanza è al secondo piano, nell'ascensore non c'è spazio. “Ragazzi, serve una mano?”. E' lui, nelle vesti di “Superpippo”: prende un paio di bagagli e li porta su senza pensarci. “Piacere mister. Ma lei è quello che ha fatto 50 gol in Champion's...?”. 

Spontaneo e aperto a tutti, come quando gli chiedono un selfie. La coppietta che passa davanti all'hotel, il tifoso che all'allenamento viene solo per lui, il milanista che non ha mai smesso di sognare i suoi gol. Persino quella volta in treno con gli operatori di Telethon: pensi che sono lì per un contributo, invece si accontentano di una foto. “Mister che pazienza!”. Lui tranquillo: “Ma no, è un piacere”.

Il Pippo di tutti i giorni è quello che sfida ad un interminabile “tresette” il presidente Vigorito, insieme a Foggia e al medico sociale. Sfottò senza ritegno, chi perde deve sopportarli senza fiatare. La sfida a calcio tennis contro il “direttore amico suo” la vince lui: gioca insieme a D'Angelo, difensore affidabile anche in un campo di dimensione ridotte. Foggia sceglie la freschezza di Volpicelli. Pippo gioca con la sua solita fame di vittoria. E vince. “Sì, ma s'è fatto le regole come piacciono a lui”, bofonchia Foggia. Che si rifà al ping pong in una sfida epica al Rosengarten. “Lui è un pallettaro, si difende e basta”, confida Pippo, che a perdere proprio non ci sta.

Arrivano i genitori in ritiro e scopri il Pippo premuroso con mamma Marina che cerca un posto comodo per assistere all'allenamento: lui l'accompagna per tutto il campo fino a che non trova la porticina giusta per farla accomodare sulle gradinate. Papà Giancarlo gli somiglia quando comincia a raccontare le sue gesta: “Sapete dove hanno cominciato a chiamarlo “Superpippo”? A Verona. Lì c'era Cagni. Lo vedeva in allenamento e diceva: “E' troppo forte, domenica lo faccio giocare”. E poi invece non lo mandava in campo. Aveva appena 20 anni. Quando si decise a utilizzarlo, lui cominciò a segnare ogni domenica e il mister non lo tolse più. I tifosi allora lo ribattezzarono Superpippo”. Come l'eroe dei fumetti che piace tanto ai bambini. Come quello a cui non piace perdere. Che piace a tutti.