IL PIZZINO di Urgo: Non c'è due senza tre

Riflessioni sui tre allenatori di una stagione disastrosa per il Napoli

il pizzino di urgo non c e due senza tre
Napoli.  

Mi chiederete: "che c'entra il titolo, il terzo scudetto è già stato conquistato" E allora, a cosa fanno riferimento le parole che introducono questo pezzo? Alla prima intervista da tecnico del Napoli di Antonio Conte (ovviamente), ma non solo. Ora però facciamo un passo indietro. La cosa che ha più caratterizzato i tre allenatori che si sono succeduti (inutilmente) sulla panchina del Napoli nella fallimentare stagione appena conclusa è stata la loro assoluta mancanza di "complicità" con lo "spirito calcistico azzurro", come con il sentimento cieco e totalitario del tifoso napoletano. Da quest'ultimo discende, infatti, quel senso di appartenenza che Luciano Spalletti colse dal suo primo giorno in questa città e che volle trasmettere alla squadra, con le pettorine inneggianti la canzone delle canzoni, quella che dice (e dirà sempre) "Sarò con te ma tu non devi mollare!". Da lì è nato tutto.

Senza Diego Armando Maradona l'alchimia è stata quella, e potrà esserlo ancora, ma a patto che si ritorni a quella mischia pugnace, fatta di società, calciatori, tifosi e ambiente, da cui nessuno può tirarsi fuori, pena un altro fallimento calcistico e, questa volta, temo anche finanziario. I tre moschettieri (Garcia, Mazzarri e Calzona) - benché io da queste pagine li avessi messi più volte in guardia dal perpetrare i loro marchiani errori umani prima che tecnici  - si sono guardati bene dal ricreare il patto di sangue con la vita della città, con il cuore pulsante e irriverente dei suoi vicoli.

Ognuno di loro, pur con le dovute differenze, ha fatto il suo compitino e, con la pletora del suo staff, ha incassato quanto doveva (ma non meritava) e se n'è tornato a casa. Qualche giustificazione la riconosco solo all'ultimo dell'ignobile serie, almeno lui un po' di cuore ce l'ha messo, peccato però con scarsa competenza.

Se va riconosciuto un merito ad Antonio Conte che, come Spalletti, fesso non è, è aver riportato la città, la sua bellezza, i suoi umori al centro del lavoro da svolgere, e lo ha fatto usando per due volte di seguito la parola "privilegio" riferendosi, nel primo caso, al capoluogo campano e, nel secondo, al suo incontro con Maradona in un Napoli-Lecce di tanto tempo fa. Dopo due ossequi così disarmanti e convincenti, sono poi venute anche le sue prime parole in napoletano e sono state "amma faticà!", un invito, mai così opportuno, al lavoro, ai suoi valori (anche morali) e al rispetto che si dovrà a tutti. "La maglia si deve sudare" - è sembrato dire, cosa che è mancata nel disastro appena compiuto. Due elogi e una promessa, appunto.