Perle di vetroil commento di Federico Festa

Mauriello e la comica finale che ci mancava

Quando lo chiamano presidente uno non sa se ridere o piangere

mauriello e la comica finale che ci mancava

Mai visto Mauriello di persona. Ma quando gli danno del presidente uno non sa se ridere o piangere.

Mauriello è la comica finale che mancava a questa città.

Uno che sta diventando, suo malgrado, più esilarante del predecessore con doppia laurea che si lascia soffiare la serie B per una fidejussione.

Tutto ad Avellino oramai è destinato a finire in caciara e nessuno ci fa più caso.

Mauriello presenzia alle conferenze stampa ma non sa da che parte iniziare per propinare un misto tra lonfo e supercazzola.

Oggi, spernacchiando persone che per anni ci hanno messo cuore e passione, tifosi veri, ha detto che la società ha intenzione di andare avanti anche con il basket, solo che "non sa come".

Ora, se un dirigente, un dirigente in una qualsiasi società privata normodotata, rilasciasse una dichiarazione del genere sarebbe sbattuto via nel giro di un nano secondo.

Ma lui è andato oltre. Ha detto che Gianandrea De Cesare lavora giorno e notte per l'Avellino. Ecco, qui viene da piangere.

Perché passi che uno, per il malinteso senso dell'amore per la maglia, della passione, del tifo e del senso dello sport sia portato a credere (sia obbligato a credere) a sviluppi ottimistici.

Passi pure che si apra una campagna abbonamenti avendo un direttore sportivo che lavora “zoppo e senza quattrini”, peggio di un sindaco senza maggioranza e che, allo stato, schieri una squadra, la matematica non mente, con tre o quattro elementi che erano giocatori di categoria qualche anno fa.

Passi pure che Ignoffo parli di maglia strappata e sporca ogni fine gara, proprio per allontanare l'idea che quest'anno l'Avellino rischia di essere la macchietta del campionato.

Ma che Gianandrea De Cesare lavori “giorno e notte per l'Avellino e per la Scandone”, dopo tutto quello che è successo, a quest'uomo, a questo presidente “che non sa come fare”, non può essere consentito dirlo senza prenderne le distanze.

E lo facciamo ora perché non passi l'idea che non silenziando un sintomo, poi non si sia consapevoli dove sia la malattia che lo ha portato in mezzo a noi.