Scandone, dalla A alla C: un destino da scrivere o forse già scritto

La città appare completamente disamorata della pallacanestro e disinteressata alle vicende del club

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Avellino.  

Il silenzio per il baratro sportivo: la Scandone ha detto addio anche alla Serie B e questa volta è il campo a sentenziare la retrocessione, anche se i riflessi dei limiti societari e della casa madre (il destino del club è ancora legato a doppio filo a quello della Sidigas e del proprietario, Gianandrea De Cesare) si sono rinnovati lungo un biennio da incubo.

Nella prima stagione (2019/2020) dopo il saluto alla Serie A per l'impossibilità di rispettare i parametri Comtec, decisivi per l'iscrizione, è stata annullata dal covid con la Scandone penultima nel girone D di Serie B. Nel 2020/2021, la squadra irpina ha confermato la posizione: penultimo posto, ma con una differenza netta rispetto all'annata precedente. I 6 punti di penalizzazione, causati dai mancati pagamenti nei termini previsti per la risoluzione dei lodi, sono costati carissimi al roster, allenato prima da Gianluca De Gennaro e poi da Rodolfo Robustelli, per la gestione sul parquet. Nei fatti, senza il fardello della penalità, il cammino sul campo sarebbe stato meno complesso per l'obiettivo salvezza, mancato per una sola sconfitta nel primo playout contro Reggio Calabria e in modo netto nel secondo spareggio per non retrocedere contro Pozzuoli.

È francamente difficile dare colpa allo staff tecnico e a una squadra arrivata corta agli appuntamenti finali, piena di giocatori giovani, con poca esperienza. Nella missione disperata è stata tardiva, forse, la scelta di esonerare De Gennaro e di puntare su Robustelli solo dalla trasferta di Reggio Calabria (il cambio di passo con l'assistant è stato netto). Ma sono dettagli che si inseriscono nella ben più grave situazione societaria, che sembra tarpare le ali a qualunque progetto dal campo.

"La penalizzazione non ci impressiona". Così, da Palazzo di Città, un anno fa, il sindaco di Avellino, Gianluca Festa, parlava del -6 che sarebbe stato confermato dalla FIP anche nei mesi successivi: una zavorra forse sottovalutata dal garante dell'operazione salvataggio nel biennio, anche se nella scorsa estate lo sforzo economico non è mancato. La squadra è stata allestita con un budget che per la categoria non è di basso profilo, ma gli esempi delle difficoltà sono forse rintracciabile nelle avventure dei singoli atleti.

Da giugno 2019, Avellino rincorre una soluzione, ma la risposta potrebbe non arrivare mai. O forse già c'è. È come un destino da scrivere, ma allo stesso tempo già scritto. Nei primi mesi dell'anno, la Scandone ha evitato il fallimento richiesto dalla Procura di Avellino formulando la richiesta di concordato in bianco, accettata dal Tribunale, ma resta l'incognita su quanto accadrà e sulla ridefinizione del debito maturato dal proprietario con la Scandone. La Serie C ha piazzato un colpo durissimo, ma su un complesso già pericolante e poco sostenibile. Appare assai difficile trovare una sintesi tra le posizioni per centrare l'obiettivo di una ripartenza.

La Scandone è precipitata in Serie C nel silenzio generale di un popolo, quello biancoverde, che sembra completamente disamorato della pallacanestro e disinteressato alle vicende della società. Dai sold-out per le semifinali Scudetto (frutto anche dell'effetto novità e dell'appuntamento storico) all'assenza del pubblico, sì per i limiti posti dal covid, ma anche motivata dal totale distacco con la vicenda sportiva di un club che non è più seguito da gran parte della città, anche o soprattutto a causa delle questioni extra-campo che condizionano, bloccano la gestione sportiva: è questo l'aspetto che più colpisce in un biennio di Serie B dopo 19 stagioni di massima serie.